Vi presento due persone dall’animo caldo e artistico. Falegname, ebanista e restauratore lui, antiquaria lei.
Due nonni affettuosi con una storia emozionante alle spalle…
Quando la loro nipote mi ha contattata, mi sono subito meravigliata dei loro racconti.
Sono Turi e Maria di Barbarino’s Antiques
“Sono figlio di artigiani, praticamente nato in mezzo al legno. Mio padre in origine era falegname, faceva porte e mobili, e aveva una bottega di costruzione mobili in Sicilia.
Io ho iniziato a 6 anni. A quell’epoca il legno veniva ancora tagliato e piallato a mano, senza macchinari, con il resegone grande. Per tagliare a metà una tavola larga e grossa, si posizionava un ragazzo in alto e uno seduto a terra, e si tagliava con la sega: era un lavoro lunghissimo, di pazienza e precisione.
Mi dividevo fra scuola e lavoro: dopo le due ore di lezione, correvo al laboratorio a lavorare. Il mestiere si imparava fin da piccoli!
E posso dire che questo è un lavoro che si deve fare solo con amore: quello che si fa, si fa solo per amore. Perché lo si sente dentro.
Come dico sempre: il restauro o si fa o non si fa. Bisogna metterci l’anima”.
Trasferimento al Nord
“É sicuramente una vita di sacrifici, che abbiamo fatto soprattutto durante il trasferimento al Nord, nel 1962. Siamo rimasti 2 anni a Boffalora, in provincia di Milano, dove ho lavorato in un’azienda storica di costruzione porte – anche se a me piaceva costruire i mobili! Le porte non mi interessavano per nulla, ma mi ci sono dedicato ugualmente.
Sono arrivato qui con mia moglie Maria come immigrante, siamo venuti a cercare lavoro. E, dopo essere rimasti affascinati dalla città di Milano, abbiamo deciso di rimanerci. Io ho trovato subito un lavoro e anche una piccola dimora dove vivere con mia moglie.
É stato grazie a Maria se ho iniziato a fare anche il restauratore, perché lei era antiquaria… dato che il lavoro manuale di falegnameria all’epoca non era capito, quando i nostri due mondi si sono incontrati, ho iniziato anche con il restauro.
Ma, come dico sempre, bisognava prima essere costruttori, conoscere la materia, il legno, gli stili… così che quando si prendeva in mano un oggetto, si sapeva subito a colpo d’occhio in che anno era stato fatto!”.
“Dopo 2 anni, abbiamo trovato una vecchia villa a Magenta (in provincia di Milano), che abbiamo ristrutturato noi con le nostre forze e possibilità di quel tempo, abbiamo aperto il negozio e la bottega di restauro.
Il nostro, Barbarino’s Antiques, è stato il primo negozio di antiquariato a Magenta!
Il restauro è ricerca, studio, conoscenza dei materiali e dei prodotti usati anticamente. Significa rispetto del mobile originale.
Funziona così: gli oggetti che non sono più belli né utili si smontano in pezzi e si conservano, finché vengono riscoperti e recuperati per restaurare mobili antichi – che non si restaurano mai con il legno nuovo!”.
“Su 6 sorelle, solo io, Maria, si mi sono innamorata dell’antiquariato senza interesse. Io amavo conoscere, imparare, leggere, studiare, frequentare scuole.
Il vero antiquario è colui che lo pratica da tantissimi anni, perché solo negli anni si unisce alla teoria la pratica. L’antiquariato per me significa emozionarmi quando trovo un oggetto antico!
Per noi questo è il più bel lavoro che esiste! Ci piace trasmetterlo ai nostri figli e nipoti per quanto possiamo. Uno dei nostri figli segue il lavoro di restauratore di suo padre, e per noi è un onore: questo è proprio il caso in cui l’allievo supera il maestro!
Abbiamo 8 nipoti, ma solo alcuni di loro sono appassionati di antiquariato e artigianato: per cui, posso dire che, in parte, siamo riusciti nel nostro intento.
Le racconto un piccolo aneddoto: una delle nostre nipoti, Giorgia, mi accompagna spesso alle fiere. Una volta, a Parma, abbiamo visto una bellissima quanto rara stampa molto grande – poi da noi acquistata – che ritraeva l’Albero della Vita a rappresentazione dell’Italia: al fondo, alle radici dell’albero, ha inizio l’Italia, che si sviluppa via via verso l’alto, fra tronco e fronde, riportando anche gli avvenimenti storici. Fra le radici c’è la Sicilia, che rappresenta anche le nostre!
Sono molto orgogliosa di mia nipote, perché apprezza questi tesori!”
Sì, se sbirciate bene la seconda foto, in basso a destra troverete proprio la Sicilia!
Confini fra immaginario e realtà
Nonno Turi e nonna Maria mi raccontano che una delle loro figlie e le nipoti giocavano spesso nella bottega, creando spade in legno o tavolini per le bambole, crescendo in laboratorio e circondandosi di un immaginario da fiaba.
I piccoli giocavano in modo spensierato, mentre i grandi lavoravano. A volte costruivano anche qualcosa insieme, tramutando il lavoro in vero e proprio gioco.
Quello che ho intravisto in questi racconti non è solo la custodia e la trasmissione di un sapere manuale, fatto da una vita con amore e passione, ma una vera e propria creazione di mondi fiabeschi, la memoria di tradizioni antiche che non si vogliono perdere, il racconto di storie fantastiche, che sfumano i confini fra immaginario e realtà, racchiudendo tutto in un’aura magica.
Credo sia questo il loro messaggio alle generazioni future…
La storia del Moscato
A conclusione di questo breve viaggio nel tempo assieme a Turi e Maria, vi racconto la storia preferita di Giorgia, loro nipote, che viene rievocata dal nonno appena ne ha occasione: la storia del moscato.
La lascio a voi così come nonno Turi l’ha raccontata a me:
<< Si dice che il Moscato sia nato in Sicilia. La leggenda vuole che quel giorno era appena finita la vendemmia…
Anticamente si pestava l’uva con i piedi: il mosto che ne derivava scendeva direttamente in una stanza, da cui un operaio scalzo lo travasava con anfora di rame in un’altra stanza, dove veniva filtrato. Dopodiché veniva versato in tinozze all’aperto, che alla sera venivano coperte.
Una sera, però, qualcuno si dimenticò di coprire le tinozze. Alla mattina successiva erano piene di mosche.
Il massaro, alla vista delle mosche, si disperò… non sapeva come dirlo al padrone.
All’arrivo del padrone, questi gli chiese: “ Che c’hai Giovannino?” e lui rispose: “Mi deve perdonare, ma ieri sera ho dimenticato di coprire le tinozze!”. “Ma di che ti preoccupi?” chiese il padrone, “dammi un mestolo”.
Prese il mestolo, spostò le mosche e assaggiò il vino: “Ha un buon sapore”, affermò il padrone: “Allora, da oggi in poi noi faremo il Moscato!”.
E fu così che il Moscato prese il nome dalle mosche! >>… ?
Grazie a Turi e Maria per avermi accolta e avermi raccontato di cuore un pezzetto della vostra bellissima storia! Questo, per me, è il vero significato dell’artigianato: tradizione, amore, memoria, anima, bellezza, emozione… e un pizzico di magia! ✨
E, per voi, cosa significa?
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